16 maggio 2008

Capitolo 3

Scese dall'autobus. Aveva smesso di piovere e l'aria odorava di terra bagnata. Il cielo, spazzato da una piacevole brezza, era finalmente limpido. Attraversò la strada poco trafficata e si incamminò su un sentiero tra i campi. Mezz'ora dopo vide il tetto spiovente della sua vecchia casa.
Provò disagio. Quell'incontro lo intimoriva. Dopo anni di silenzio sentiva di aver perso il diritto a definirsi figlio. Ma quell'emozione era turbata da ben altre paure.
Profonde e indicibili.
Sul vialetto di casa ammirò la zona d'ombra creata dagli alberi potati ad arte, in linea perfetta con le siepi laterali. Bussò timidamente. Poi ancora. Forse dormivano. Provò a girare la maniglia del portoncino d'ingresso. Nessuna resistenza. Era aperto.
Entrò cautamente. Non voleva spaventarli. L'arredamento non era cambiato di molto. Minimale ed elegante.
Troppo silenzio.
Salì al piano superiore. Nessuno.
Letti intatti. Ogni cosa perfettamente al proprio posto. I suoi genitori non erano mai stati il genere di persone che passano la notte fuori di casa. Dopo tutto quel tempo dovevano aver cambiato abitudini.
Lo sperava.
Decise di schiarirsi le idee con una doccia. Resistette alla tentazione di aspettarli dormendo.
Era stanco di incubi.
Era debole. Aveva i crampi allo stomaco. Un lieve ma prolungato capogiro lo convinse a scendere in cucina e mangiare qualcosa. Latte, biscotti, marmellata, seduto al tavolo della sua infanzia.
Cominciò a dare segni di impazienza.
L'attesa lo sfiniva.
Gli doleva di nuovo la testa. Attivò il cellulare, ma non c'era segnale. Accese la TV, che era proprio di fronte al tavolo. Niente. Sullo schermo solo fastidiose scariche elettrostatiche.
La testa non gli dava tregua.
Si alzò, bevve qualche sorso d'acqua direttamente dal rubinetto.
Poi di nuovo quel ronzio insopportabile nelle orecchie.
Basta. Era spossato. Non riusciva a riflettere. Nè a mantenere la calma.
Uscì sbattendo la porta, deciso a fare qualcosa. Qualsiasi cosa.
Aveva gli occhi di un pazzo.

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